Intervista a Roberto Tavola

PALLAVOLO MASCHILE: UNO SPORT DA PROMUOVERE TRA LE GIOVANI GENERAZIONI

Intervista a Roberto Tavola, in occasione del convegno indetto dalla Fipav Bergamo in collaborazione con l’Università degli Studi di Bergamo facoltà di Scienze della Formazione (17 marzo 2012)


Fattori di attrazione e di espulsione della pallavolo maschile:

 Come è vista la pallavolo maschile tra i ragazzi oggi? Quali sono le diverse motivazioni e i canali che portano i bambini, i preadolescenti e gli adolescenti a praticare la pallavolo?

La pallavolo tra i ragazzi è vista come sport di ripiego, con una connotazione fortemente femminile. Per la maggioranza dei ragazzi sport vuol dire calcio. Faccio un esempio: progetto ludico/motorio generale in scuola elementare. Conosco i bambini. Spesso mi chiedono a che squadra “tengo”. Io rispondo con una domanda: “ma di che sport?” Loro stupiti non capiscono e si chiedono: “come di che sport, calcio no?” Sono davvero sorpresi che possano esistere altri sport con squadre a cui “tenere”. Ecco che i media hanno un ruolo determinante nella conoscenza di una disciplina. La situazione migliora quando si ha a che fare con bambini/ragazzi che hanno visto in televisione partite o hanno genitori ex pallavolisti che indirizzano il figlio alla pallavolo oppure, nel migliore dei casi, già praticano minivolley. Qui è facile aprire la strada all’entusiasmo e far attecchire il “germe” della passione pallavolistica. Nella mia esperienza scopro quasi sempre che, dopo averli portati in palestra e averla fatta conoscere, la pallavolo diventa spesso anche passione. Quindi è sul come/quando portarli in palestra la vera questione. I maschietti oggi vengono reclutati in due modi: tramite docenti inseriti nella scuola che indirizzano al minivolley e attraverso il passaparola. Questo nella maggioranza dei casi. Poi anche altri fattori influenzano la scelta, come l’ambiente, la società del territorio, il rifiuto o il cambio da altri sport.

Quali sono le ragioni, secondo voi,  che portano i ragazzi a non scegliere di fare pallavolo?

Credo il basso appeal iniziale (i media occupano poco spazio, quindi scarsa conoscenza della disciplina) e la forte connotazione femminile che suscita questo sport (per molti che non la conoscono la pallavolo è sport da femmine). Come terzo, ma minoritario,  motivo ci metterei anche la difficoltà nel praticare “da subito” e con soddisfazione la pallavolo, intesa come difficoltà motoria rispetto a sport più immediati (calcio, basket).

Perché secondo voi si registrano fenomeni di abbandono tra gli adolescenti che la praticano?

Credo che sia il problema minore nel maschile (fattore diverso nel femminile). Anzi credo non sia nemmeno un problema. Nel senso che è fisiologico un certo numero di praticanti che abbandonano in qualsiasi sport. La mia diretta esperienza è fatta da maschietti che quando cominciano poi si appassionano e continuano. Nella maggioranza dei casi. Gli abbandoni comunque ci sono e possono essere motivati da svariate cause. Fra queste il fattore scuola che spesso non si riesce a conciliare con un maggior impegno dell’attività pallavolistica. Oppure il giocare poco (o nulla) spesso porta ad abbandonare per mancata gratificazione.


Il ruolo degli allenatori: 

Quali sono i punti di forza e di debolezza nella relazione con i ragazzi?

La fiducia innanzitutto. Senza fiducia reciproca non si va da nessuna parte e non si può instaurare nessun tipo di rapporto costruttivo. E’ la base per una relazione positiva, ancora prima della competenza e della disponibilità. E poi la passione, intesa come valore da trasmettere ai ragazzi che, essendo persone in formazione, sono molto “forgiabili”. Va da se che se mancano fiducia e passione la relazione con i ragazzi diventa assai debole.

Quali sono le 3 parole chiave delle attenzioni educative che un allenatore sperimenta  con  gli atleti e il gruppo-squadra?

Empatia, responsabilità e partecipazione. Empatia, ovvero sapersi mettere nei panni dell’altro. Responsabilità intesa come consapevolezza nel fare (o non fare) cose solo per imposizione, ma per una crescita personale e umana. E rendere partecipi i ragazzi in modo che sappiano essere autonomi per sapere cosa fare per loro stessi. Inoltre se sai che quello che stai facendo va bene per te puoi anche trasmetterlo agli altri.

Cosa funziona e non funziona nella formazione di allenatori e dirigenti?

Credo che nella pallavolo possiamo essere soddisfatti della preparazione dei nostri tecnici. L’iter di formazione è ben strutturato ed idoneo a preparare allenatori nei vari livelli. Personalmente trovo anche gli aggiornamenti quasi sempre molto interessanti e comunque un ottimo strumento di stimolo.
Dal punto di vista dirigenziale non saprei dire con precisione. Spesso e soprattutto nelle piccole realtà la figura del dirigente è molto improvvisata, specialmente nel giovanile, dato che ci si deve affidare a volontari. La sensazione è che ci siano figure meno preparate rispetto a quelle degli allenatori. Quindi, forse, un iter formativo maggiore anche per i dirigenti.


Limiti e risorse per promuovere l’immagine della pallavolo maschile:

Ci sono proposte delle società per la promozione della pallavolo maschile che risultano significative ed efficaci per il reclutamento di nuove leve?

A parte la scuola, serbatoio sempre efficace, diventa difficile fuori da essa. Chi ha una squadra di alto livello offre appeal e risorse legate alla categoria ed al blasone della società stessa. Nella mia realtà (paese) è sempre più difficile reclutare nuove leve. I numeri sono costantemente in ribasso e sinceramente si fa quel che si può. In una delle scorse stagioni abbiamo eliminato anche la quota da pagare per ogni nuovo iscritto che facesse parte di una nuova under 14, ma i numeri non sono cambiati. Quindi il problema non è (forse) neanche il denaro, ma deve essere ricercato in altro.

Per appassionare i ragazzi si fa leva sulla prima squadra (attualmente lavoro in società con davanti la B2) e corsi estivi multi sport (sportestate) dove si può proporre anche la pallavolo entrando in contatto diretto con maschietti che praticano anche altri discipline.

La scuola rappresenta un possibile ambito di promozione? Con quali limiti e potenzialità?

La scuola è sempre stata una fonte primaria per il reclutamento di nuove leve. La pallavolo nella scuola è stata, e credo lo sarà sempre, una grande promozione. A condizione di avere docenti amanti o perlomeno aperti alla nostra disciplina. I limiti stanno qui: come proporre nella scuola la pallavolo. Se l’obiettivo è la conoscenza della disciplina con una gratificazione nel praticarla bisogna avere docenti bravi, dato che la pallavolo non è così semplice per un neofita motorio. Da qui l’esigenza di avere gente esperta in relazione a questo. In sintesi: far piacere la pallavolo da subito non è semplice, ma neanche impossibile, quindi ben vengano insegnanti (anche esterni) che propongano il volley in modo adeguato all’età. In questo modo ci sono grandi potenzialità.

Quali nuove risorse, canali e occasioni formali e informali potremmo individuare per promuovere la pallavolo maschile sul territorio?

Discorso molto ampio, che va considerato sempre con quanto offrono i media a livello nazionale. Credo che si debba enfatizzare e promuovere l’alto livello presente nella zona. A livello locale più si parla di volley maschile sui media meglio è. Per allargare la base della piramide (intesa come numero di praticanti) bisogna avere una punta luminosa ed attraente (squadre di punta del territorio). A questo associare occasioni per far parlare di se anche le categorie minori.