Difendo? No attacco!

Elaborato a cura di Roberto Tavola

(Pubblicato sulla rivista “New Volley Time” – periodico mensile)

Parlando di difesa, individuale o di squadra, servirebbero moltissime pagine per trattare in modo esauriente l’argomento, inoltre qualsiasi libro di pallavolo ne tratta in maniera ottimale l’approccio tecnico e didattico. In questo caso focalizzeremo l’attenzione solo su alcune parti della didattica del fondamentale difesa. In particolar modo punteremo l’indice su due aspetti da ritenersi fondamentali: l’approccio mentale alla difesa e la specializzazione nella difesa.

Solo la tecnica non basta

Dal punto di vista tecnico non si può prescindere da un corretta impostazione. Infatti ha grande importanza l’apprendimento della difesa su basi che ogni allenatore preparato sicuramente conosce. Non esistono segreti dunque, bensì principi didattici e biomeccanici da rispettare, per dare una base tecnica concreta e sufficiente. Facendo un paragone si possono considerare le tecniche difensive come le fondamenta di un palazzo: se non ci sono (o sono insufficienti) tutto crolla, ma da sole non bastano di certo. Senza un’adeguata mentalità, posso essere un “mostro” di bravura tecnicamente, ma non difenderò mai una palla se non quella che mi capiti addosso, dato che la difesa è troppo condizionata dalle variabili. Sulle solide fondamenta tecniche è indispensabile quindi costruire una mentalità difensiva da assimilare psicologicamente e che interpreti il fondamentale come una fase attiva del gioco.

L’approccio mentale

Ad ogni fondamentale nella pallavolo corrisponde un giusto approccio psicologico. Nel caso specifico della difesa è ancora più importante il “come” ci si appresta ad allenarla, cioè considerandola con uno spirito aggressivo, che non abitui a subire o ad aspettare sempre la scelta dell’avversario. Uno degli errori più comuni è considerare la difesa come un’azione “difensiva”, cioè come ad uno stato mentale che comporti una costante da cui difendersi. I più grandi atleti in questo fondamentale, lo sono perché sono forti soprattutto in questa particolare area (l’approccio psicologico). A questo proposito mi piace sempre ricordare il motto con cui l’americano Bob Cvrtlik, un grandissimo difensore, interpretava la questione dicendo: “considero un affronto personale qualsiasi pallone mi cada nelle vicinanze”. Questa frase-limite fa capire con che “spirito guerriero” il campione scendesse in campo. E sta proprio qui il nocciolo della questione per chi deve allenare la difesa: privilegiare un progetto mentale che poi verrà supportato da un disegno di tecnica individuale appropriata.

Quali sono allora le caratteristiche da affinare e su cui bisogna lavorare? Si possono riassumere brevemente nei seguenti punti:

1) Ricerca del pallone  2) Volontà di difendere  3) Anticipazione sul colpo  4) Aggressività  5) Specializzazione nel ruolo  6) Disciplina tattica.

La vera forza della difesa

Per far capire meglio il concetto citerò un esperimento che ritengo molto interessante, fatto da Montali (attuale allenatore della nazionale) in uno dei suoi corsi per allenatori. Montali aveva a disposizione 14 allievi molto bravi e preparati, che ha diviso in due gruppi da 7.

Al primo gruppo fece un discorso che generava nelle loro menti immagini positive. L’argomento del corso era la difesa e dava grandi motivazioni ed indicazioni di natura psicologica. Continuava durante le esercitazioni a stimolare continuamente l’aspetto motivazionale sull’intercettazione del pallone e la forza della volontà difensiva.

Al secondo gruppo invece dava solo indicazioni tecnico-tattiche. Correggeva tecnicamente il gesto, il movimento, il posizionamento in campo, le tensioni muscolari. Alla fine delle sedute pratiche già ci si accorgeva che il primo gruppo (quello delle immagini “positive”) migliorava sensibilmente.

All’ultimo giorno del corso Montali volle quantificare con uno scout sulla difesa il rendimento dei 14 ragazzi. Dopo 5 set giocati si analizzarono gli scorer: i 5 migliori facevano parte del primo gruppo. Questo è il riflesso di una condizione mentale che gli psicologi sportivi conoscono bene. A volte ci si dimentica di questa grande potenzialità, fossilizzandosi solo sull’aspetto tecnico.

A questo punto per sviluppare questa “area mentale” occorre dare un supporto tecnico-tattico che può essere anche la specializzazione difensiva. Diventa quindi importante che, nell’allenamento, venga data la possibilità di intercettare quanti più palloni possibili, tenendo sempre presente l’attacco da rete, il muro, tutte le varianti possibili delle traiettorie e delle velocità del pallone.

Quale specializzazione

In ogni fondamentale della pallavolo la specializzazione non è altro che il miglior modo di sfruttare le qualità del singolo giocatore per metterle a disposizione di un sistema di squadra. Nella difesa, in particolare, acquista una basilare importanza responsabilizzare e motivare l’atleta nella copertura di un’area all’interno del campo, in base alle caratteristiche difensive individuali o alle esigenze di gioco.

In breve si tratta di far conoscere il meglio possibile una particolare zona per aumentare l’efficacia, in quanto le varianti dell’attacco avversario sono di difficile intercettazione e spesso con velocità altissime. Si cerca quindi di costruire un vantaggio mentale in riferimento alla perfetta conoscenza dell’area che si deve difendere. In allenamento verrà dato ampio spazio quindi alle competenze difensive dei singoli, che potranno anche variare in relazione alle caratteristiche dell’avversario da incontrare. Questo resta sempre il modo più efficace per far sì che l’atleta raggiunga la massima gestualità e risposta durante la difesa.

Inoltre, se in possesso di informazioni analitiche dell’avversario, il modo migliore per sfruttare tutte le indicazioni che provengono dai vari scout, è sicuramente quello di costruire una specializzazione di ruoli con particolare riferimento alla correlazione muro-difesa.

In conclusione si può affermare che specializzare nella difesa è un modo per richiedere ai nostri atleti l’uso delle tecniche a loro più congeniali, affinché la pratica metodica dell’allenamento ne esalti le qualità.

Difendere è un pò attaccare

Difendo? No, attacco! Questo deve essere il motto interiore del giocatore che sta difendendo. In età giovanile poi questa mentalità è assolutamente indispensabile, dato che i giovani sono più facilmente plasmabili e gli automatismi tecnici e mentali si fisseranno nella maniera più adeguata. Al giocatore giovane faccio molto spesso questo tipo di discorso: “in difesa sei composto da due cose, metà dalla tua tecnica (abilità di bagher, di spostamenti, tuffo ecc.) e l’altra metà dalla tua volontà di non far cadere mai il pallone. Quando attacca l’avversario quindi proiettati subito verso il pallone, fermandoti solo quando la palla è fuori o un tuo compagno la tocca prima di te”.

Tutto questo ha un solo obiettivo: la difesa come attacco. Ovvero una condizione mentale che non costringa a subire passivamente, ma che permetta sempre di avere un vantaggio psicologico, in modo tale da considerare la difesa come un fondamentale d’attacco.